Il razzismo di un giornalista

i-mediaÈ domenica e sono in macchina. Mi rendo conto che è accesa la radio mentre in genere ascolto musica country durante la guida. Avevo prestato l’auto a una persona che, evidentemente, non ha i miei gusti. Si parla di immigrazione e criminalità; una donna da Terni è al telefono per esporre, con voce chiara e ferma, la sua opinione sull’immigrazione clandestina.

Il moderatore non è d’accordo con lei e coglie, nel modo di esporre della donna, un po’ di presunzione che pare non gradire. La sua risposta inizia con la dichiarazione di voler essere più preciso al che la signora da Terni commenta: “Sarà difficile perché sono crucca.”

La mia mano che stava per attivare la voce di Kenny Rogers si ferma. “Crucco” è un termine che mi colpisce sempre. Mi ricorda le lezioni di storia in terza media quando tutta la classe si girava verso di me essendo io l’unica tedesca di una trentina di allieve. La colpa era sempre dei crucchi. Qualche anno dopo ho appreso che mio padre era antinazista con data certa, sin dal 1935, ma col tempo mi sono anche stancata di rispondere: “Mio padre si è esposto e ha perso tutto per combattere contro Hitler e difendere gli ebrei. Ma il tuo, dov’era?” Ho imparato a soffrire in silenzio, come hanno fatto tanti altri tedeschi colpevoli di essere figli di quelli che si erano fidati di Hitler, l’austriaco.

Il moderatore, interrotto nella sua rincorsa responsiva, carica la voce dell’autorità che il ruolo gli conferisce, e mi sembra di sentirlo ringhiare: “Non mi piacciono i crucchi. Ci hanno dato Beethoven, Freud e Hegel, ma ricordiamoci che ci hanno dato anche Hitler.” Nessuno degli altri due personaggi in studio dice qualcosa. La signora di Terni osa un timido “Era una battuta” e quindi il moderatore si lancia in una risposta aggressiva.

Io mi sono sentita offesa personalmente. So che l’aggressività va di moda, so anche che è la forza dei più deboli, ma non concepisco che dei giornalisti possano guadagnarsi il pane quotidiano con questi mezzi. A tutti coloro che tirano sempre fuori Hitler per farne il simbolo della Germania, vorrei ricordare che tanti crimini di guerra sono stati commessi anche dagli italiani, in Italia e all’estero da colonialisti. La storia non si racconta in battute spicciole atte a crearsi un’audience e la colpa dei padri non deve ancora ricadere sui figli. Questa forma di intolleranza è inaccettabile, tanto più se esibita attraverso i media perché risulta in istigazione al razzismo.

Le parole del giornalista le riferisco a memoria, se si volesse si potrebbe sicuramente sentirne la registrazione. Era radio RTL 102.5 domenica 15.03.2015 ore 10.15 circa.

Delle persone citate Van Beethoven era di origini fiamminghe, Freud era austriaco come anche Hitler. Hegel, il grande filosofo dell’idealismo, era tedesco.

Chi era il giornalista? Non lo so.