La misura degli estremismi

L’Europa sta virando tutto a destra e sarà positivo solo per pochi: quelli che traggono profitti personali dalla politica, i topi nel formaggio. Lo stesso direi se virasse tutto a sinistra perché, comunque, l’estremismo è la tomba del buon senso e del progresso.

A posizioni estreme si affidano quelli che hanno paura, sono incapaci di pensare autonomamente e temono di dover prendere decisioni. Pare che siano in tanti. Depongono nelle mani di pochi giocatori d’azzardo i destini di intere nazioni perché non vedono neppure un centimetro oltre i loro piccoli interessi privati: il concetto di Stato è molto astratto e il Governo è una matrigna che va sostituita ogni volta che le cose non vanno bene, con l’idea che la prossima non potrà essere peggiore di quella in carica.

Chi crede nel potere della storia guarda indietro per cercare di prevedere il futuro ma le premesse sono diverse, non è una partita a scacchi che si gioca sempre con le stesse figure e le stesse regole. I personaggi di oggi sono diversi: i cavalli sono protetti dagli animalisti, le torri si sgretolano, il re e la regina sono blogger che devono vivere per il gaudio del popolo, gli alfieri sono malpagati e i pedoni messi in campo sono quelli che votano.

Ritengo che il fascismo non si possa replicare; aveva coinvolto tutti gli aspetti della società italiana con un accento particolare sull’arte e la cultura grazie a Margherita Sarfatti. La cosa che mi fa riflettere è il fatto che Mussolini era socialista e che Stalin l’aveva ritenuto l’unico personaggio in grado di realizzare il comunismo in Italia. La vita è davvero un cerchio in cui gli estremi si toccano.

In Italia si usa molto il fascismo come spauracchio: meglio cornuti che fascisti. Questa infamante spada di Damocle, che pende sulla testa di chiunque voglia dire qualcosa di sensato, o anche solo commentare serenamente sui social, dev’essere rimossa perché si possa parlare di libertà d’espressione.

Pare che vada per la maggiore un libro che propone un “fascistometro”. Ho seguito l’intervista dell’autrice con Corrado Augias ed ho avuto la conferma che lui è un gran signore, sa parlare e argomentare senza mai essere banale. L’opera discussa invece mi pareva che cavalcasse proprio una delle maggiori paure degli italiani, nei modi demagogici oggi tanto di moda e invisi all’autrice, offrendo al grande pubblico una intellettualità populista che non necessita di conoscenze approfondite, cultura e arte, ma solo di un buon numero di consensi popolari.